Il lettone, troppo spesso a portata di mano

Così come ci sono i ricorsi storici anche nel mondo dell’educazione è necessario di tanto in tanto ritornare sugli stessi argomenti. Poche settimane fa sono tornata sul tema degli sculaccioni, purtroppo drammaticamente presenti nella quotidianità di troppi bambini e bambine. Il lettone è un altro argomento che sembra non andare mai fuori moda.
La cosa buffa, se così vogliamo chiamarla, è che arrivano i genitori stanchi del fatto che il figlio o la figlia abbia preso di mira l’alcova e vi si stabilizza scalzando gli adulti.
C’è una pubblicità – la trovo fastidiosa ma assolutamente in linea con i tempi – in cui mamma e papà dormono a terra su di un tappeto mentre “Marcolino” dorme spaparanzato nel lettone attorniato da peluche e giocattoli. Vince lui, decide lui quale è il suo posto e fa fuori gli adulti.
Dicevo è una pubblicità che rasenta il paradosso ma come spesso accade grazie ad attenti conoscitori degli usi e costumi del pubblico e dei clienti, va a toccare un tema molto sentito.
Per Marcolino e dei suoi genitori si tratta di non avere una camera tutta sua, il tema di fondo però è un altro: il figlio comanda sul genitore e il genitore non ha le corrette informazioni per comprendere l’importanza di buttare fuori il pargolo dal lettone all’età giusta.
Sarà colpa del lockdown?
Sarà la rinnovata incapacità del genitore di giostrarsi dentro un mondo troppo ricco di informazioni non sempre corrette?
Sarà pigrizia o poca voglia di mettersi di impegno?
Sarà semplicemente fatica?
Forse c’è un po’ di tutto questo alla base della presenza del figlio nel lettone fino a età avanzata. Nell’esperienza di questi ultimi due anni direi fino a 5/7 anni.
E non un caso o due, molti di più.
Domina la madre, troppo spesso è la mamma che ritiene di proteggere maggiormente il figlio se quest’ultimo le sta accanto. Complice indiscusso il senso di colpa per non riuscire a trascorrere del tempo con i figli durante la giornata. Lavoro stressante, ore fuori casa, incombenze domestiche quando si rientra, ergo poco tempo da dedicare ai figli.
Non serve ribadire il concetto che è la qualità del tempo a fare la differenza, che a una certa età i bambin non hanno bisogno di attenzione continua e costante. Non serve sottolineare l’importanza del bambino e della bambina di imparare a gestire i cosiddetti tempi morti, di annoiarsi. La noia, più volte ribadito anche su queste pagine, aiuta a cercare risorse interne, a inventare giochi nuovi, a superare la frustrazione dell’arrangiarsi da soli quando l’adulto non è a disposizione.
Sono tendenzialmente le madri che conducono questo genere di situazioni e mettono a tacere i compagni affermando di sapere cosa va bene per il figlio. Uso più volte il termine figlio perché, dalla mia esperienza, è effettivamente sbilanciato il numero di figli maschi rispetto alle femmine. Le bambine sembrano più competenti e nella mia casistica rappresentano un numero nettamente inferiore rispetto ai maschi.
Madri che hanno piacere nel tenere il figlio accanto, che ritengono che sia ancora piccolo per dormire da solo, che preferiscono che sia il compagno a traslare nel lettino dando l’idea al ragazzino che il posto del padre può essere spodestato.
Non intendo entrare in campi che non mi appartengono, non dirò nulla sull’evaporazione del padre o sul complesso di Edipo ma sottolineo il fatto che i genitori – entrambi i genitori – hanno il compito di aiutare u bambino o una bambina a trovare il proprio posto nel mondo.
A incominciare dalla propria camera e dal proprio letto.
Arrivano in consulenza dichiarandosi stanchi della situazione, desiderosi di non avere più il letto invaso da piedini scalcianti, ammettono anche che si sono lasciati scappare la cosa di mano e che hanno ceduto nel momento in cui hanno effettivamente provato a collocare il bimbo nel suo letto.
In questi frangenti cerco sempre di dare informazioni relative ai bisogni dei bambini e delle bambine, all’importanza di rispettare le tappe di sviluppo partendo dalle competenze che un bambino una bambina sono in grado di attivare. Dopo il terzo anno di vita ogni bambino è pronto ad affrontare la notte, il buio, la solitudine. È necessario avere la pazienza di accompagnare dolcemente questa fase, è una tappa come tante altre, la cosa più importante però è l’atteggiamento adulto. Nel momento in cui il genitore ritiene in cuor suo che il bambino possa “soffrire” per il fatto di dormire da solo è necessario fare un esame di coscienza e dirsi senza esitazioni di che cosa stiamo parlando. È il bambino che soffre o è l’adulto?
Ogni cosa viene affrontata nel momento in cui sappiamo riconoscerla; dunque, capire se il problema è dell’adulto è fondamentale.
Certamente più passa il tempo e più diventa faticoso disabituare un bambino, quando si prende il ritmo cambiare scoccia. Sta però alla fermezza adulto mettere nuove cornici, aiutare i più piccoli ad accettare quello che mamma e papà decidono.
Perché si, signori cari, le decisioni spettano a mamma e papà. Come usa dire un noto pedagogista: in famiglia non esiste democrazia.

 

Paola Cosolo Marangon, formatrice